giovedì 11 agosto 2011

Che pere!


Ecco un ultimo residuo (artificiale) di sospensione (indotta) da tutte quelle attività (naturali) che caratterizzano le mie giornate.

Dopo questa breve sospensione cerebrale sto riprendendo, anche se in modo piuttosto lento e graduale, con le mie attività consuete (blog incluso) che comprendono anche la lotta armata alle zanzare che ancora mi danno noia.

Durante questa mia breve vacanza ho avuto modo di vedere (e toccare con mano) delle pere che però ho subito capito non essere naturali. Non mi riferisco a certe pere che per 12 mesi sono in bella mostra in chissà quale luogo della vostra casa ma di quelle che con tutta probabilità saranno nel vostro portafrutta in un periodo che va da luglio a settembre (ammesso che seguiate un calendario stagionale per il consumo di frutta e verdura).
Se non sono naturali non avranno comunque siliconi ma più probabilmente pesticidi e altre diavolerie chimiche.

Per arrivare al nocciolo, il giorno del nostro arrivo su questa isola greca che ci ha ospitati per una settimana siamo stati omaggiati oltre che di una bottiglia di vino autoctono di un cestino con della frutta: una pera ed un'arancia.
Certamente non mi aspettavo fossero biologiche ma quantomeno di stagione (l'arancia non è per nulla di stagione!).


pere
(immagine di libero utilizzo reperita sul sito morguefile.com)  


Subito ho immaginato si potesse trattare di frutta proveniente dall'altro capo del mondo, ottenuta forzando le colture, prodotta in serre riscaldate e sotto l'effetto di prodotti chimici.
La convinzione è giunta il giorno della partenza (una settimana dopo). 
La pera se ne stava lì, bella dura, con la sua bella pelle come quella di una trentenne senza bisogno di alcun lifting. Allora l'ho presa in mano e in effetti era come una pallina da tennis, gommosa.
All'esterno pareva uno splendore, come il primo giorno, ma probabile dentro avesse avuto già inizio il processo di deterioramento (che nella donna si dice abbia inizio dopo i 30 anni e si chiami decadimento).
Ho subito ricordato che le pesche biologiche che avevo acquistato la settimana prima di partire (quelle buonissime e dolcissime che ho usato per il frullato di avena e banana) il giorno successivo all'acquisto già davano i primi segni di decadimento (infatti le avevo lasciate fuori dal frigo e si stavano rovinando). Idem le banane, dopo 2 o 3 giorni erano praticamente da buttare.
Non vi dico poi il dispiacere che ho avuto quando ho constatato che la bella anguria rossa (che ci veniva proposta per colazione insieme al melone bianco) sapeva di acqua e che nella macedonia di kiwi, pere, mele e banane solo banana e mele avevano un sapore: la banana sapeva di generica frutta (indefinito come il congruo numero di letture da viaggio del mio post pre partenza) e la mela di cipolla (probabilmente questo era dovuto alla vicinanza con questo ortaggio che viene aggiunto indistintamente in tutte le pietanze).

Ultima cosa e poi concludo. 
Un  giorno ho chiesto al marito di ordinarmi un succo di ananas (non è il mio servo ma ero un attimo presa ad occuparmi di faccende urgenti come prevenire l'invecchiamento della pelle con le dovute protezioni e così è andato avanti lui) e ha pensato di farmi cosa gradita ordinandomi un frullato fatto con il frutto fresco. Bene, la cosa è stata sicuramente gradita per il personale del posto dato che il frullato di frutta fresca aveva un prezzo quasi doppio rispetto al succo. Peccato non avesse nemmeno un vago sapore di ananas (diciamo pure che non era frutta biologica e che probabilmente era a causa del mio palato così ben educato ai sapori zuccherini tipici della frutta biologica!).
Del resto avevo letto in un articolo come il premier greco George Papandreou  sottolineasse che la Grecia potesse vantare una biodiversità unica, un terreno ricco, un clima ed un ambiente favorevoli, fattori che consentono di realizzare prodotti di qualità in grado di conquistare i mercati esteri, oltre a soddisfare pienamente i bisogni dei consumatori interni (e probabilmente essendo io esterna la cosa si spiega così)
Probabile l'unica frutta poco saporita sia toccata a me e che nel resto dell'isola altri palati siano stati deliziati da certi sapori (ma certamente non il mio!). 

A parte la parentesi frutta poco saporita, a favore di questa leggendaria isola (che in qualche modo si lega ad uno degli shampoo solidi di Lush - sta a voi indovinare quale) oltre al tramonto da togliere il fiato resta la cordialità e l'ospitalità degli abitanti, la feta (che consumo abitualmente anche a Milano), i Mojitos (che non consumo abitualmente a Milano :))  e la totale assenza di zanzare!

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